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sabato 27 aprile 2013

IL CORPO DI SCHUMANN per pianoforte e video-proiezioni (2013)

Luogo e data da definire

IL CANTO DELL’INFANZIA (video 1)
video da
Il cielo sopra Berlino di W. Wenders
testo dal
Canto dell’infanzia di P. Handke
voce di Francesco Gerardi

Op. 15. SCENE INFANTILI (1838)

IL CORPO DI SCHUMANN (video 2)
video da
Tetsuo di S. Tsukamoto
testo da
Rasch di R. Barthes (in L’ovvio e l’ottuso)
voce di Francesco Gerardi

Op. 16. KREISLERIANA (1838)

COME VAN GOGH (video 3)
video da
Sogni di A. Kurosawa
testo da
La generazione romantica di C. Rosen
voce di Daniela Cappellato

Op. 17. FANTASIA (1835-36)

LA CITAZIONE SVELATA (video 4)
video da
Il ritratto della signora Yuki di K. Mizoguchi
testo del lied
Nimm sie hin denn, diese Lieder di A. Jeitteles
voce di Nicolò Polesello

Più che per qualsiasi altro compositore, la comprensione profonda dell’opera di Robert Schumann sfugge completamente a qualsiasi metodo analitico. Questo perché la natura più intima delle sue composizioni non è estetica - cioè non può essere spiegata come un meccanismo o una struttura da smontare - ma organica - simile al corpo che si emoziona, che si piega, scatta e si distende reagendo alle sue sensazioni. Tutto ciò è in controtendenza rispetto alla necessità del linguaggio musicale - così poco corporeo - di darsi astrattamente forme e strutture riconoscibili, e di conseguenza pone un problema divulgativo: come può essere spiegata una musica refrattaria alle spiegazioni? È “sintomatico” - verrebbe da dire - che i testi critici riguardanti l’opera di Schumann spesso evitino un tradizionale approccio tecnicistico, a favore di una descrizione più liberamente associativa - ed in particolare, più visiva - delle sue composizioni, intese come organismi, come corpi. Dei quattro testi scelti e adattati per questo recital, solo il secondo e il terzo (Barthes e Rosen) sono dedicati espressamente a precise composizioni (Kreisleriana e Fantasia), mentre il primo (Handke) può essere considerato semplicemente “vicino” alla poetica delle Scene infantili, e l’ultimo non è che il testo di un Lied di Beethoven citato musicalmente da Schumann nella Fantasia. Eppure ognuno di questi testi esprime una sorta di “vocazione” alla corporeità: al corpo ricordato nelle immagini al contempo nostalgiche e concrete del Canto dell’infanzia di Handke; al corpo in tensione delle otto “epilettiche” Kreisleriana raccontate da Roland Barthes in Rasch; al corpo estraneo beethoveniano del Lied citato da Schumann nella Fantasia - innesto che sembra un trapianto, per come lo descrive Charles Rosen ne La generazione romantica; e infine al corpo desiderato dell’amata lontana nei versi di Jeitteles utilizzati da Beethoven per il Lied che Schumann cita, ma solo musicalmente, omettendo in effetti proprio il testo che, taciuto nella Fantasia, sembra assumere il significato di una dedica comprensibile solo alla fidanzata Clara. I testi hanno una funzione evidentemente introduttiva all’ascolto dei cicli pianistici che anticipano, ma si presentano associati ad estratti cinematografici che di contro non hanno direttamente a che fare con la musica. Se infatti l’approccio analitico (la spiegazione diretta) non raggiunge la sfuggente opera di Schumann, allora questo approccio lo si può “travestire” secondo il processo onirico che Freud chiama drammatizzazione (per cui nel sogno, i pensieri latenti vengono trasformati - o meglio, “censurati” - in immagini). Di fatto gli estratti cinematografici costituiscono in prima battuta un allontanamento dal contenuto dei testi, ma solo per incapsularlo in una forma afferrabile, concreta. Così, in questa psicanalisi schumanniana, gli spasmi musicali delle Kreisleriana descritti in Rasch diventano visibili nelle convulsioni corporee del Tetsuo di Shinya Tsukamoto; l’assimilazione della citazione beethoveniana nella Fantasia diventa la trasformazione in scenografia di un quadro di Van Gogh in Sogni di Akira Kurosawa; e l’amata lontana di Jeitteles assume i tratti orientali della Signora Yuki di Kenji Mizoguchi. Solo per il Canto dell’infanzia la parentela con Il cielo sopra Berlino è dichiarata: la poesia di Peter Handke fa parte infatti della sceneggiatura del film di Wim Wenders. Negli altri tre video, il gioco associativo testo/film è invece rigorosamente arbitrario, e ha il pregio di svelare il bagaglio visivo e l’insieme di suggestioni altrimenti insospettabili che sottendono immancabilmente il tratto interpretativo del musicista che esegue. Inoltre i quattro video assumono inevitabilmente la funzione di un sipario virtuale che in realtà riesca ad unire i tre cicli pianistici in un unico blocco esecutivo senza interruzioni, come una trifora di opere contigue, opp. 15, 16, 17. Ma lo scopo del gioco resta quello di corrispondere ai quattro testi altrettanti corpi-proxy! Corpi di stoffa! Non i “reali” corpi a cui i testi anelano - le composizioni vere e proprie, i tre cicli pianistici - ma immagini filmiche come bambole in un mondo in miniatura dove il salto dal testo al corpo-film risulti facile per lo spettatore. Ma questo salto su scala ridotta è solo propedeutico al salto più ampio e complesso, quello dal testo all’ascolto effettivo dei tre cicli pianistici, dal testo al corpo-musica, il corpo di Schumann.

Pianoforte: Adriano Castaldini
Luci: Elisabetta Griguol
Ideazione, Montaggio, Programming Video: Adriano Castaldini
Consulenza cinematografica: Claudia Barolo
Maestro preparatore: Maresa Majone
Logistica: Alessandro Coin
Steinway D-274 della ditta Zin (www.zinpadova.it)
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